ritorno

Abbiamo deciso di partire verso metà agosto, mentre eravamo a Cordoba. Tra settembre e l’inizio di ottobre ci siamo dedicati all’organizzazione del viaggio: lasciare la casa di Roma dove abitavamo, accordarci per sospendere i percorsi lavorativi e scolastici, preparare gli equipaggiamenti, individuare le porte a cui bussare durante il cammino.

Viste le incertezze determinate dalla pandemia abbiamo pensato di cercare un camper e abbiamo trovato Pio: veicolo, dormitorio, cucina, sala da pranzo, bagno, scuola, studio, ufficio, guardaroba, magazzino, dispensa, centrale elettrica.

Fatto il disloco grazie al supporto di Mario e Silvia, il 17 ottobre siamo arrivati a Rende (Cosenza) dove Emilio e Luana, contattati tramite Wwoof Italia, ci hanno accolto nella loro casa-scuola, alle Terre di Castalia. Con loro e la figlia Calipso abbiamo vissuto un’intensa quotidianità domestica per quasi due mesi.

Una convivenza memorabile, nel dolce autunno della contrada di Santo Stefano, accompagnata dagli incontri con le persone che ruotano attorno alla comunità della scuola. Sotto al cielo tra gli orizzonti della Sila e della catena costiera. Osservando i cambiamenti del tiglio con la piattaforma, del noce con l’altalena. Le noci, le melagrane, i fichi secchi, il pane, la cucina, la stufa, gli orti, gli olivi e le olive raccolte alla Chjiatra e allo siettu, lo stagno, Nerone, il pollaio, le passeggiate tra le querce, i binari della vecchia ferrovia, il fiume. L’incontro con Fiorenzo a Guardia Piemontese. Il modo migliore per iniziare il viaggio, il primo passo giusto. Quello che ci ha dato il la, innescando processi e legami che stiamo felicemente alimentando e siamo curiosi di svolgere nel tempo.

Il 13 dicembre siamo ripartiti, passando da Roma e fermandoci qualche giorno a Cortona. Qui, tra l’altro abbiamo conosciuto alcune delle famiglie coinvolte nel progetto educativo dei Semi di Luce, a Montecchio, e passato insolite giornate feriali nelle Case Sparse di San Martino con Dino e Lorenzo. Prima dell’annunciato lockdown siamo ripartiti verso la Spagna.

Lungo la strada ci siamo fermati a Sutri e Livorno, da amici e parenti. Con Claudio, Marie ed Elisa abbiamo camminato tra le serre sopra Ventimiglia e ballato dopo cena vicino alla stufa. Abbiamo fatto i primi tamponi e subìto due furti nel camper. Siamo arrivati a Córdoba la notte di Natale e abbiamo abitato lì fino a febbraio, nella casa di Antonio e Carmen al barrio Naranjo, con una parentesi di qualche giorno in camper a Granada, con Isa.

Nonostante le restrizioni alla mobilità e alla socialità e l’incertezza prolungata su dove e come proseguire il viaggio, questo periodo è stato positivo. Ci ha permesso di sperimentare una quotidianità familiare diversa da quella abituale. Abbiamo scoperto nuove cose di un territorio che già conoscevamo. Abbiamo camminato, letto, studiato, siamo andati in bicicletta.

Il 13 febbraio siamo arrivati ad Aracena, paese della Sierra Morena occidentale, tra Siviglia e il Portogallo, in provincia di Huelva, dove Marta e Silvia erano attese nella scuola Sendas, espacio de aprendizaje Montessori. Nei primi giorni Lara, Sebastian, Eylo e Rìo ci hanno accolto con generosità nella casa di pietra in mezzo alla dehesa, dove arrivavamo di solito a piedi, camminando sul letto del ruscello in secca, osservando oltre i grandi castagni, le sughere, gli olivi inselvatichiti, le pecore e i maiali. Abbiamo poi abitato per qualche settimana in una casa nel paese, da soli, con nove piante di potos.

Aracena ci ha lasciato molto: ispirazioni, insegnamenti, fiducia. Una tappa fondamentale, segnata dalla sintonia vissuta con la comunità di Sendas, al descansadero de Marimateos e nelle varie esplorazioni nella regione – Odiel, Rìo Tinto, Matalascañas, El Pozuelo, Punta Umbria, El Calabacino, Jabuguillo, Los Milanos, sorgenti, fiumi, oceano, grotte, dolmen, miniere, dehesa, granjas, aldeas, fincas – condividendo convivialità intense con persone speciali con cui intendiamo ritrovarci ancora.

Con l’arrivo della primavera e l’allentamento delle restrizioni si è aperta una nuova fase del pellegrinaggio, caratterizzata dalla maggiore frequenza degli spostamenti e dall’uso intensivo del camper.

Partiti dall’Andalucía all’inizio di aprile, ci siamo diretti a nord fermandoci a Ciudad Real, Consuegra, Cuenca e Teruel, incontrando diversi amici: Elena, José Luis, Elena, Carmen, Luis, Miguel, Marta e Alberto. Giorni di transizione facendo i turisti senza incontrare turisti tra mulini a vento, pitture rupestri, città di provincia e paesaggi iberici.

A metà aprile siamo arrivati a Cabacés, un piccolo paese nell’alta valle del Montsant, tra i monti dell’entroterra tarragonese, dove abbiamo trascorso una settimana di wwoofing. Dormivamo in camper e passavamo le giornate con Ferran – host di Rucs de Monsant – che insieme alle figlie Estel, Eira e Jana ci hanno generosamente offerto la possibilità di conoscere il loro modo di essere. Li abbiamo accompagnati a prendersi cura di tre asini e di qualche capra. Nella loro cucina abbiamo parlato e giocato in italocatagnol, provato il palo da pole, conosciuto Albert. Una mattina siamo andati a vedere i vigneti e le cantine dove lavora Ferran e un pomeriggio siamo stati a tagliare le frasche attorno al maset, uno stazzo con una vista meravigliosa sulle rocce al tramonto.

Tra la fine di aprile e l’inizio di maggio siamo stati ospiti di Marc al Molì Pastells, nelle campagne della Selva, tra Riudarenes e Santa Coloma de Farners, in provincia di Girona. Un’occasione irripetibile per conoscere meglio i cugini, stare con Dino e Irene, rivedere Sofia, Nadia, Ramon, Eric. Scoprire i dintorni: Girona, les Gavarres. A Barcellona e Cap de Creus ci siamo trovati con Andrea, Carol, Nicola e Ninive – una famiglia italoiberica con cui condividiamo similitudini e inquietudini, curiosità e immaginazioni – passando indimenticabili ore nel vento vicino al faro, tra le rocce sul mare, nel camper sotto alle stelle cadenti, saltando qua e là sulla linea di frontiera tra Portbou e Cerbère.

Dal 9 maggio al 9 giugno abbiamo viaggiato in Francia. La prima tappa a Carcassonne, vuota e ventosa, teatro di una imprevista caccia al tesoro. Dopo qualche giorno e notte di strada siamo arrivati sulla Manica, dove ci aspettavano Nicolas, Maria, Sofia e Sara nella vecchia casa di Saint-Pierre-du-Mont, a due passi dalle scogliere dello sbarco in Normandia.

Non ci vedevamo con Nicolas (conosciuto in Erasmus 22 anni fa) e Maria da 13 anni; le figlie non si erano mai incontrate. L’obiettivo di ritrovarsi ci ha portato alla mèta più settentrionale del viaggio: una tappa-chiave, un punto di arrivo, da ricordare per il calore domestico dopo le camminate nella pioggia, con le mucche, i fiori, i discorsi e gli scherzi in spagnolo e in francese. Salutandoci abbiamo auspicato di rivederci presto, o almeno prima del 2034.

Dal metà maggio, per vari giorni, siamo stati tra i primi stranieri del primo anno dopo Covid a spostarci in camper sul territorio francese. Ci siamo compiaciuti di essere in pochi a girare per Mont-Saint-Michel, Fougères, nella valle della Loira, a Parigi. Siamo stati felici di essere sopravvissuti a un piccolo naufragio sullo Cher. Passando sotto al ponte-castello di Chenonceau in canoa con Silvia mi sono distratto col (telefono!) e siamo caduti nel fiume. La paura, l’acqua nello stomaco e nei polmoni, la conferma che casco e giubbotto di salvataggio sono fondamentali. Il sollievo di sopravvivere. Un avvertimento. L’unico tributo pagato alla corrente è stato un sandalo: potrei portarlo come ex voto a Montenero? Per recuperare ci siamo fermati in un accogliente campeggio: docce calde e bucati.

E poi a Parigi, ospiti di Giovanni: fortunati di conoscerlo da vicino, vivendo con lui nello studio rez de chaussée dans le XIII arrondissement. E’ stato bello riorientarsi nella grande città, prendere la metro senza fretta, camminare tutto il giorno nella metropoli che si risvegliava dalla pandemia e dall’inverno. Condividere con Marta e Silvia un po’ della meraviglia e del piacere raccolti quando ci abitammo con Carmen tra l’autunno e la primavera, quasi venti anni fa.

A fine maggio, già sulla strada del ritorno, ci siamo fermati nel dipartimento della Creuse, per una settimana di wwoofing da Hadrien, Lise, Siohban e Meï-Li, gli host di Volailles et Compagnie. Una fattoria dove si allevano galline, capre e cani, si producono formaggi, si coltivano ortaggi, si ricicla e si scambia di tutto. L’epicentro di molteplici stimoli e pratiche nel campo dell’agricoltura, dell’economia, dell’autocostruzione, dell’abitare e del giocare. Il giorno dopo l’arrivo siamo andati in bici al marché campagnard vicino all’étang de la Naute, il primo mercato frequentato dopo tanto tempo. Siamo ripartiti verso le Alpi la mattina dopo una grande festa, la prima dopo tanto tempo.

A Grenoble abbiamo preso a bordo Maria e con lei siamo andati a Briançon, inaugurando la sua nuova casa di Saint-Chaffrey. Dopo due giorni è arrivata da Roma la convocazione per gli esami di Marta e Silva. Siamo rientrati in Italia dopo quasi sei mesi e, fatte tre soste a Torino, Masone e Livorno, abbiamo concluso il viaggio a Cortona.

Nelle settimane centrali di giugno Marta e Silvia hanno svolto le prove di idoneità per passare alla terza primaria e alla seconda media. Quattro giorni di esami ciascuna, davanti a commissioni create ad hoc. I loro primi esami “di stato”. Un passaggio importante, per la valenza simbolica e anche forse per quella politica: la prova che l’istituzione-scuola svolge una funzione valutativa per tutti, nel senso che dà valore al diritto-dovere all’istruzione dei cittadini, a prescindere dal percorso intrapreso.

Riambientarci è stato relativamente facile. Gli amici, quando eravamo fuori, si sono visti poco a causa della pandemia. L’essenza della nostra assenza è stata lieve. Non avendo lasciato quasi tracce sui social l’esperienza è rimasta confinata nei racconti, nelle foto mostrate di persona, nelle pagine lette dai pochi visitatori di questo sito.

All’inizio di luglio, mentre stavamo preparandoci per tornare a Roma, pensando di riabitare i territori del nord-ovest della Capitale, rientrare nel percorso lasciato in sospeso, siamo andati a Ostia Antica per visitare la Piccola Polis, la primaria e le medie dell’Asilo nel Bosco. Dopo aver frequentato “scuole alternative e all’aperto” durante il viaggio eravamo curiosi di vedere questa, conosciuta qualche anno fa e nel frattempo diventata “famosa”.

Sarà stata l’accoglienza, le persone, le suggestioni, la voglia di continuare ad alimentare lo spirito del viaggio? Saranno gli orizzonti tra via della Macchiarella e via delle Saline? L’aria di mare? L’aria di fiume? La possibilità di continuare ad abitare vicini al Tevere? L’ossimoro di vivere a Roma senza vivere a Roma? La fortuna di avere trovato per caso una casa dove sentirci a casa? Per rispondere a queste domande ci siamo fermati qui, per quest’anno, pensando che Ostia Antica fosse il posto giusto dove fare una tappa del viaggio. Le motivazioni con cui siamo partiti lo scorso anno restano valide.

ottobre 2021

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